Katyn: I parenti delle vittime sono ancora all’oscuro sulla morte dei loro familiari

I parenti delle vittime di Katyn sono ancora all’oscuro sulla morte dei loro familiari.

I parenti delle vittime di Katyn sono ancora all’oscuro sulla morte dei loro familiari.

European Court: Katyń relatives remain in the dark about relatives’ deaths
At a public hearing today at the European Court of Human Rights, the final judgment in the case of Janowiec & Others v Russia was heard by relatives of the victims of the Katyń massacre (in which several thousands of Polish prisoners of war were killed by the Soviet secret police in 1940).
The relatives, who first lodged applications with the European Court in 2007 and 2009, claimed that the Russian authorities had failed to properly investigate the Katyń massacre, and that the Russian authorities’ ‘dismissive’ attitude to the investigation had amounted to inhuman or degrading treatment.
Although the Court called the facts of the execution of the applicants’ relatives ‘indisputable’ and did not question the “profound grief and distress that the applicants have experienced as a consequence of the extrajudicial execution of their family members”, it ruled that it had no competence to examine the effectiveness of the investigation. The Court noted that not only had the massacre happened before the European Convention on Human Rights had been adopted in 1950 but no significant investigative steps had taken place since Russia’s ratification of the Convention in 1998.
Russia, however, was found to have failed in its obligation to comply with the Court’s evidential requests. Specifically, the Court noted that the investigation’s key decision (to discontinue the investigation) remained classified, without the Russian Courts having conducted a substantive analysis of the reasons for maintaining that classification more than 70 years after the events in question.
The European Human Rights Advocacy Centre, which has been taking cases against Russia at the European Court for ten years, acted as a ‘third party intervener’ in this case together with Memorial and Essex Transitional Justice Network. They offered expertise on the obligation of states to investigate gross human rights violations and the right of relatives to know the truth about the circumstances of their relatives’ deaths or disappearance.
Joanna Evans, EHRAC Senior Lawyer, commented on the judgment:
“This decision will of course be hugely disappointing to the relatives of the victims of the Katyń massacre, who continue to hope for an effective investigation into the circumstances of their relatives’ deaths. However the Court’s reasoning in this case serves to highlight the significance of the rights protected by the European Convention since 1950 and the importance of its continued protection for victims of gross human rights violations in the present day.”
Notes
Following the Soviet invasion of Poland in 1939, thousands of Polish prisoners of war killed without trial on the order of the highest officials of the USSR and buried in mass graves in the Katyń forest near Smolensk.
The Soviet Union only accepted responsibility for Katyń in 1990, having initially blamed it on the Nazis. In 1990 a criminal investigation into the murders was opened but it was suspended in 2004 by the Russian Chief Military Prosecutor’s Office. The decision was classified.
In 2010 the Russian Duma published a statement, reiterating that the mass murder of Polish citizens had been carried out on Stalin’s orders and it was necessary to continue “verifying the lists of victims, restoring the good names of those who perished in Katyń and other places, and uncovering the circumstances of the tragedy…”.
The European Human Rights Advocacy Centre (EHRAC) has been working for the protection of human rights in the former Soviet Union since 2003 and has taken over 300 cases, mainly against Russia, to the European Court of Human Rights. This has led to judgments in 98 cases (so far) including the first six judgments ever to be secured against Russia for gross violations in Chechnya. 96% of these cases have found at least one violation of the European Convention on Human Rights, and more than €6,500,000 have been awarded to the applicants.

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28 dicembre 2024. Un bagliore di speranza per il 2025: l’attivista politica Zarifa Sautieva è libera!

Per concludere l’anno riceviamo una bellissima notizia che ci riempie di speranza. Il 28 dicembre l’attivista politica ed ex vice direttrice del complesso memoriale delle vittime delle repressioni Zarifa Sautieva è stata rilasciata dalla colonia penale femminile di Zelonokumsk. Zarifa era stata condannata ingiustamente a sette anni e sei mesi di colonia penale per il “caso Inguscezia”, ai sensi degli articoli sull’uso della forza nei confronti di rappresentanti delle autorità e partecipazione ad attività estremiste. Zarifa aveva partecipato il 27 marzo 2019 a Magas a una manifestazione di protesta contro la modifica del confine amministrativo tra Inguscezia e Cecenia. A settembre, la Corte europea dei diritti dell’Uomo ha accolto il ricorso di Satieva e degli avvocati di Memorial affermando che durante le indagini le forze dell’ordine avevano agito con violenza nei confronti di Zarifa. L’avvocato Magomed Bekov ha commentato così la sua liberazione: “È una grandissima gioia per il nostro popolo, un regalo per l’anno nuovo a tutta la comunità! Sono sicuro che una grande parte dell’Inguscezia attendeva questo giorno e noi continuiamo ad aspettare la liberazione degli altri nostri prigionieri politici. Zarifa si trova in ottime condizioni, almeno per quanto abbiamo potuto vedere. Era di buon umore, stava bene, scherzava e sorrideva”. L’ultima dichiarazione di Zarifa si può trovare nel nostro libro Proteggi le mie parole.   Memorial continua a lottare per tutte le persone ingiustamente detenute nelle carceri e nelle colonie penali russe.

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In ricordo di Eduard Kuznecov (1939-2024).

Il 22 dicembre 2024 è mancato Eduard Kuznecov, scrittore e giornalista dissidente. “Scrivo solo per conservare il mio volto. Il campo di concentramento è un ambiente orribile, umiliante, è la consapevole creazione di condizioni tali che l’uomo, ricacciato di continuo nell’angolo, comincia a dubitare dell’utilità di ubbidire alla propria verità e si convince che esiste solo la verità della biologia, l’adattamento”. Eduard Kuznecov nasce a Mosca nel 1939. Nel 1961 è arrestato per la prima volta e condannato a sette anni di reclusione per propaganda antisovietica. Nel 1970 è processato per avere tentato, insieme a un gruppo di ebrei russi dissidenti, di dirottare un aereo verso Israele e condannato alla pena di morte. Grazie alla pressione dell’opinione pubblica internazionale la pena è poi commutata in quindici anni di reclusione in un campo di lavoro a regime speciale in Mordovia. All’inizio degli anni Settanta i suoi diari, usciti clandestinamente dalla Russia, vengono pubblicati in Occidente. Nel 1979 è rilasciato ed emigra in Israele. Tra 1983 e 1990 collabora con Radio Liberty. Nel 1992 è tra i fondatori del quotidiano in lingua russa ‘Vesti’. Nelle pagine dei suoi diari, fatti uscire clandestinamente dal campo di lavoro e miracolosamente giunti nelle mani di Andrej Sacharov, Eduard Kuznecov descrive le degradanti condizioni di vita dei prigionieri e riflette lucidamente sui mali che minano il sistema giudiziario sovietico e i meccanismi di coercizione che regolano uno stato totalitario.

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28 novembre 2024. Sergej Davidis inserito nella lista degli estremisti e terroristi.

Il 28 novembre 2024 Sergej Davidis, copresidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, è stato inserito nella “lista degli estremisti e dei terroristi” stilata da Rosfinmonitoring, agenzia federale russa per il monitoraggio delle operazioni finanziarie, con una postilla su un suo “coinvolgimento nel terrorismo”. Inoltre il 5 dicembre il tribunale Ljublinskij di Mosca ha ricevuto la documentazione relativa all’apertura di un procedimento amministrativo. La documentazione ha permesso di comprendere che nei confronti di Davidis è stata emessa una denuncia amministrativa per partecipazione alle attività di un’“organizzazione indesiderata”. Davidis ha anche ricevuto una comunicazione scritta con la quale gli è stato richiesto di presentarsi in procura per fornire spiegazioni e prendere conoscenza della possibilità di dover rispondere a responsabilità amministrativa. Come si evince dalla lettera, l’indagine della procura è legata a materiali di Radio Free Europe/Radio Liberty, indicata in Russia come organizzazione indesiderata. Sembra si faccia riferimento a interviste rilasciate da Sergej Davidis o a suoi commenti sui canali di Radio Free Europe. Con ogni probabilità il procedimento contro Davidis è legato alle sue attività: difendere i prigionieri politici, organizzare il sostegno e richiamare l’attenzione sulla loro situazione in Russia e nel mondo. Non si tratta del primo episodio di repressione nei confronti del copresidente del Centro Memorial nel 2024. A marzo il ministero della giustizia ha dichiarato Memorial “agente straniero”. Ad agosto il Roskomnadzor, servizio per la supervisione delle comunicazioni, della tecnologia dell’informazione e dei mass media della Federazione Russa, ha formalizzato un’accusa per violazione da parte di Davidis delle regole di marcatura in quanto “agente straniero”, indicando otto post apparsi sul suo canale Telegram. A settembre gli è stata comminata una multa di 30.000 rubli. Sergej Davidis ha dichiarato: “Non sono a conoscenza di motivi specifici per aprire nuovi procedimenti. E quale delle mie attività – la co-presidenza del Centro Memorial o la direzione del programma di sostegno ai prigionieri politici – ne sia la ragione. Ma non c’è dubbio che questi nuovi fatti sono un segno dell’attenzione dello Stato nei confronti del nostro lavoro. Ma noi, naturalmente, continueremo a lavorare.”

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