Andrej Volos, Churramabad

A cura di Sergio Rapetti Milano, Editoriale Jaca Book, 2013

A cura di Sergio Rapetti

romanzo, Jaca Book, Milano 2013, 576 pagine

Il Tagikistan è il cuore stesso dell’Asia centrale, in quella che due millenni fa era parte della regione storica della Sogdiana, chiave delle vie carovaniere tra l’Asia anteriore, l’Occidente e la Cina. Buchara, Samarcanda, Alessandro il Grande sono nomi di una storia entrata nella leggenda. Vi si parlava, come lingua franca dei traffici l’iranico e di stirpe persiana sono i tagiki che costituiscono ancor oggi la maggioranza della popolazione dell’attuale Tojikiston indipendente. Regione prevalentemente montagnosa, con insediamenti nelle profonde vallate e sugli altipiani, dominata dai contrafforti del Pamir con cime oltre i 7000 metri: è questo lo scenario della splendida invenzione letteraria di “Churramabad”.

Il suo Autore, Andrej Volos, nato a vissuto per oltre due decenni a Dušanbe, l’attuale capitale, traduttore di poesia tagika e cultore di quella nobile letteratura, nonché narratore di lingua russa, si dedica qui a comporre, con sicura vena poetica – dalle radici antiche – un’intera epopea, moderna e contemporanea, che adombra un dramma geopolitico di grande portata.

In incalzanti capitoli, che spaziano dagli anni Venti e Trenta fino agli anni Ottanta e Novanta, si delineano le vicissitudini di una terra di frontiera, ai confini di Afghanistn e Cina, nella difficile e fragile convivenza dei vari popoli pur sotto la «normalizzazione sovietica» e nella guerra civile che dopo il crollo dell’URSS ha dal 1992 e per cinque anni contrapposto, in Tagikistan, nomenklatura comunista e forze nazionaldemocratiche e islamiche, per poi diventare una cruenta guerra di etnie e clan: Tale guerra ha devastato l’intero Paese e inferto innumerevoli lutti alla popolazione, costringendo in particolare molti russi assimilati, arrivati tre o quattro generazioni prima al seguito dell’Armata Rossa conquistatrice, a un esodo biblico verso la Russia: una patria tutta da ritrovare, che non conoscevano e non li accettava.

Churramabad-Dušanbe, capitale reale e mitica, è l’emblema di una vita possibile sognata, serena e felice o piuttosto della crudeltà scatenata e dell’angoscia senza scampo? Attraverso vicende di grande sapienza narrativa, ne percorriamo le vie saccheggiate e insanguinate, insieme a tanti personaggi russi e tagiki, di nulla colpevoli se non di voler esistere e amare e nostalgici, sempre, degli impervi sentieri della fratellanza umana, con lo sguardo volto alle vette e nevi eterne delle montagne, cercando sollievo all’esasperazione di una vita sopraffatta da ingiustizie e prevaricazioni vecchie e nuove.

Andrej Germanovič Volos è nato a Dušanbe (capitale del Tagikistan, oggi Jumhurii Tojikiston) nel 1955. Poeta lui stesso ha tradotto in russo numerosi poeti tagiki. Dal 1986 pubblica opere in prosa in Russia, dal 1991 è membro dell’Unione degli scrittori. Ha scritto numerosi romanzi: tra i più recenti Nedvižimost’ (2001, «Proprietà immobiliari»), Maskavskaja Mekka (2003, «La Mecca a Mosca»), Animator (2005, edizione italiana 2006), Pobeditel’ (2008, «Il vincitore»), Vozvraščenie v Pandžrud (2013, «Ritorno a Pandžrud»). Hurramabad è stato insignito di numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio di Stato per la letteratura della Federazione Russa nel 2001.

 

 

 

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Pubblichiamo la traduzione dell’articolo ‘Mom, I’m probably going to die soon’: Russian teenager in prison for anti-Putin flyers says cellmate brutally beat him della testata giornalistica indipendente russa Meduza. L’immagine è tratta dal canale Telegram dedicato al sostegno per Arsenij Turbin: Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!). In una recente lettera Arsenij Turbin, sedicenne russo condannato a scontare cinque anni in un carcere minorile con l’accusa di terrorismo, ha raccontato alla madre di avere subito abusi fisici e psicologici durante la detenzione. I sostenitori di Turbin, che hanno pubblicato un estratto della sua lettera su Telegram, sospettano che oltre ad aggredirlo, i compagni di cella gli stiano rubando il cibo. Ecco cosa sappiamo. Arsenij Turbin è stato condannato a cinque anni di carcere minorile nel giugno 2024, quando aveva ancora 15 anni. Secondo gli inquirenti governativi, nell’estate del 2023 Arsenij si era unito alla legione Libertà per la Russia, un’unità filoucraina composta da cittadini russi e, su loro preciso ordine aveva iniziato a distribuire volantini che criticavano Vladimir Putin. Turbin dichiara di non essersi mai unito alla legione e di avere distribuito i volantini di sua iniziativa. Il Centro per i diritti umani Memorial ha dichiarato Turbin prigioniero politico. Al momento Turbin si trova in detenzione preventiva in attesa dell’appello contro la sua condanna. Nell’estratto di una lettera inviata a sua madre pubblicato lunedì (1 ottobre) nel gruppo Telegram Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!), l’adolescente scrive che un compagno di cella di nome Azizbek lo ha picchiato più volte. “Questa sera, dopo le 18:00, uno dei miei compagni di cella mi ha dato due pugni in testa mentre ero a letto”, ha scritto. “La situazione è davvero difficile, brutta davvero. Azizbek mi ha colpito e poi ha detto che stanotte mi inc***. Sarà una lunga nottata. Ma resisterò.” Turbin scrive anche che in carcere lo hanno catalogato come “incline al terrorismo” per il reato che gli contestano (“partecipazione a organizzazione terroristica”). In un post su Telegram i sostenitori di Turbin hanno ipotizzato che i suoi compagni di cella gli stessero rubando il cibo: nelle sue lettere chiedeva sempre alla madre pacchi di viveri, mentre questa volta le ha scritto che non ne aveva bisogno. La madre di Turbin, Irina Turbina, martedì ha riferito a Mediazona che il figlio è stato messo in isolamento dal 23 al 30 settembre. Dalla direzione della prigione le hanno detto che era dovuto a una “lite” tra Turbin e i suoi compagni di cella e che tutti e quattro i prigionieri coinvolti erano stati puniti con l’isolamento. Irina Turbina ha anche detto che il personale del carcere non le ha permesso di parlare con Arsenij al telefono e che l’ultima volta che hanno parlato è stata a inizio settembre. La madre ha raccontato l’ultimo incontro con suo figlio al sito Ponjatno.Media: “Quando sono andata a trovarlo l’11 settembre non l’ho riconosciuto. Non era mai particolarmente allegro neanche le volte precedenti che l’ho visto, certo, ma almeno aveva ancora speranza, era ottimista: aspettava l’appello e credeva che qualcosa di buono l’avremmo ottenuto. L’11 settembre, invece, Arsenij aveva le lacrime agli occhi. Mi ha detto: ‘Mamma, ti prego, fai tutto il possibile, tirami fuori di qui. Sto davvero, davvero male qui’.” “Mamma, probabilmente morirò presto”, ha continuato a riferire la madre, citando il figlio. Ha poi detto di avere inoltrato la lettera a Eva Merkačeva, membro del Consiglio presidenziale russo per i diritti umani, chiedendole di intervenire. Secondo le informazioni di Mediazona, ad Arsenij è stato finalmente permesso di parlare con sua madre al telefono l’8 ottobre. Le avrebbe detto che il suo aggressore era stato trasferito in un’altra cella il giorno prima e che si trovava bene con gli altri compagni di cella. Aggiornamento del 20 ottobre dal canale Telegram Svobodu Arseniju!: “Questa settimana Arsenij non ha mai telefonato”. La madre riferisce di averlo sentito l’ultima volta l’8 ottobre scorso. 25 ottobre 2024

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