Intervista a Svetlana Gannuskina sull' "ispezione" a Memorial di Mosca

Svetlana Gannushkina: We at Civic Assistance were visited by officials from the prosecutor’s office together with representatives of the tax authorities, the Ministry of Justice and the Federal Migration Service. And the Ministry of the Interior. In total, there were six people: three from the prosecutor’s office and one each from the Ministry of Justice and the Tax Service – and one from the Moscow Federal Migration Service (FMS) who, for some reason, went to the Olympic Village instead of to Olympic Prospekt, which explains why he was very late late.

He was a thoroughly awful man, who came into the premises, greeted no-one, and went to check the documents of all ‘non-Russians.’ Moreover, those were the very words he said, “Now I will check the documents of all the non-Russians.”

I asked him to come into my office, but he refused. He saw a man sitting behind a desk and began to check his documents.

This was our translator – an Afghan. The FMS official rushed towards him, demanding that he produce his passport. He was overjoyed on hearing that he did not have a passport with him, and said, “Here’s someone who has no documents!”

He did not, at first, really want to speak to me at all, to explain what he was going to do and on what basis.

He later we managed with great difficulty to get him to understand that the passport of a citizen of Afghanistan who has refugee status is stored at the offices of the Federal Migration Service. He did not know.

Yes, an official of the FMS did not know this. And he began to insist that this does not happen. Then he was also shown the refugee certificate issued by the FMS which states that this was a receipt for the passport, with a signature. He then asked to phone another FMS official, the one who had issued the certificate to the Afghan. In general, with great difficulty we managed to persuade him that this was sufficient.

All the while, the FMS official behaved very aggressively, and this was evident from his intonation.

By this time I had rung the Moscow FMS and spoke to the man’s boss. When his boss asked to speak to him, he would not take the phone, and did not believe it was his boss on the line. “Why should I pick up someone else’s phone?” I said to her, “He does not want to speak to you.”

She said, “OK, we’ll do it another way.” After a while, his mobile rang – apparently it was his immediate superior. After this his arrogance somewhat subsided, and he asked if we had any other foreign workers there. I said that yes, we have an Arabic translator.

I then remembered that we have a Ukrainian citizen in our employ. He went to meet him. The Ukrainian citizen had a temporary residence permit.

The FMS chap asked, “And a work permit?” I said, “Work permits were abolished this year for those who have temporary residence permits.” He asked, “Who told you that?” I replied, “You know, the law told me. It’s an amendment to the law.” This was something else that the FMS official did not know. Such is the level of this man…

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

“Mamma, probabilmente morirò presto”: adolescente russo in carcere per volantini anti-Putin riferisce di essere stato brutalmente picchiato da un compagno di cella.

Pubblichiamo la traduzione dell’articolo ‘Mom, I’m probably going to die soon’: Russian teenager in prison for anti-Putin flyers says cellmate brutally beat him della testata giornalistica indipendente russa Meduza. L’immagine è tratta dal canale Telegram dedicato al sostegno per Arsenij Turbin: Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!). In una recente lettera Arsenij Turbin, sedicenne russo condannato a scontare cinque anni in un carcere minorile con l’accusa di terrorismo, ha raccontato alla madre di avere subito abusi fisici e psicologici durante la detenzione. I sostenitori di Turbin, che hanno pubblicato un estratto della sua lettera su Telegram, sospettano che oltre ad aggredirlo, i compagni di cella gli stiano rubando il cibo. Ecco cosa sappiamo. Arsenij Turbin è stato condannato a cinque anni di carcere minorile nel giugno 2024, quando aveva ancora 15 anni. Secondo gli inquirenti governativi, nell’estate del 2023 Arsenij si era unito alla legione Libertà per la Russia, un’unità filoucraina composta da cittadini russi e, su loro preciso ordine aveva iniziato a distribuire volantini che criticavano Vladimir Putin. Turbin dichiara di non essersi mai unito alla legione e di avere distribuito i volantini di sua iniziativa. Il Centro per i diritti umani Memorial ha dichiarato Turbin prigioniero politico. Al momento Turbin si trova in detenzione preventiva in attesa dell’appello contro la sua condanna. Nell’estratto di una lettera inviata a sua madre pubblicato lunedì (1 ottobre) nel gruppo Telegram Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!), l’adolescente scrive che un compagno di cella di nome Azizbek lo ha picchiato più volte. “Questa sera, dopo le 18:00, uno dei miei compagni di cella mi ha dato due pugni in testa mentre ero a letto”, ha scritto. “La situazione è davvero difficile, brutta davvero. Azizbek mi ha colpito e poi ha detto che stanotte mi inc***. Sarà una lunga nottata. Ma resisterò.” Turbin scrive anche che in carcere lo hanno catalogato come “incline al terrorismo” per il reato che gli contestano (“partecipazione a organizzazione terroristica”). In un post su Telegram i sostenitori di Turbin hanno ipotizzato che i suoi compagni di cella gli stessero rubando il cibo: nelle sue lettere chiedeva sempre alla madre pacchi di viveri, mentre questa volta le ha scritto che non ne aveva bisogno. La madre di Turbin, Irina Turbina, martedì ha riferito a Mediazona che il figlio è stato messo in isolamento dal 23 al 30 settembre. Dalla direzione della prigione le hanno detto che era dovuto a una “lite” tra Turbin e i suoi compagni di cella e che tutti e quattro i prigionieri coinvolti erano stati puniti con l’isolamento. Irina Turbina ha anche detto che il personale del carcere non le ha permesso di parlare con Arsenij al telefono e che l’ultima volta che hanno parlato è stata a inizio settembre. La madre ha raccontato l’ultimo incontro con suo figlio al sito Ponjatno.Media: “Quando sono andata a trovarlo l’11 settembre non l’ho riconosciuto. Non era mai particolarmente allegro neanche le volte precedenti che l’ho visto, certo, ma almeno aveva ancora speranza, era ottimista: aspettava l’appello e credeva che qualcosa di buono l’avremmo ottenuto. L’11 settembre, invece, Arsenij aveva le lacrime agli occhi. Mi ha detto: ‘Mamma, ti prego, fai tutto il possibile, tirami fuori di qui. Sto davvero, davvero male qui’.” “Mamma, probabilmente morirò presto”, ha continuato a riferire la madre, citando il figlio. Ha poi detto di avere inoltrato la lettera a Eva Merkačeva, membro del Consiglio presidenziale russo per i diritti umani, chiedendole di intervenire. Secondo le informazioni di Mediazona, ad Arsenij è stato finalmente permesso di parlare con sua madre al telefono l’8 ottobre. Le avrebbe detto che il suo aggressore era stato trasferito in un’altra cella il giorno prima e che si trovava bene con gli altri compagni di cella. Aggiornamento del 20 ottobre dal canale Telegram Svobodu Arseniju!: “Questa settimana Arsenij non ha mai telefonato”. La madre riferisce di averlo sentito l’ultima volta l’8 ottobre scorso. 25 ottobre 2024

Leggi