Dichiarazione di Memorial Italia

28 marzo 2013 Dichiarazione di Memorial Italia sulle “ispezioni” alla sede di Memorial a Mosca
Boris Belenkin e Arsenij Roginskij
Lena Zemkova
Lena Zemkova nella sede di Memorial prepara i documenti richiesti durante l’ “ispezione” della Procura del 21 marzo 2013

L’Associazione Memorial Italia è sconcertata davanti alla campagna diffamatoria scatenata negli ultimi giorni in Russia contro Memorial, costretta a subire da giovedì scorso, al pari di altre decine di ONG attive nel campo dei diritti civili, una serie di “ispezioni” attuate dai rappresentanti del fisco e degli organi giudiziari col pretesto di cercare le “prove” di finanziamenti stranieri. Memorial non ha mai nascosto di ricevere finanziamenti e donazioni dall’estero, peraltro vitali per qualsiasi associazione voglia salvaguardare la propria indipendenza nella Russia di Putin: tutto è sempre stato fatto alla luce del sole, la relativa documentazione è sempre stata presentata alle autorità e agli organi di controllo secondo quanto previsto dalla legge. Il problema è un altro.

L’operazione è scattata infatti dopo che Putin, a metà febbraio, aveva lamentato in un incontro con i servizi di sicurezza – l’FSB, erede del KGB – gli scarsi controlli sull’applicazione della nuova legge sulle organizzazioni non commerciali impegnate in attività civiche, ribattezzata dalla vox populi la legge sugli “agenti stranieri”,  che era stata approvata lo scorso anno dalla Duma. Memorial ha rifiutato, come molte altre associazioni, di adempiere alla vergognosa normativa prevista dalla legge, che impone a tutte le organizzazioni civiche che ricevono finanziamenti e donazioni dall’estero di iscriversi nella lista degli “agenti stranieri”. All’entrata in vigore del provvedimento, a novembre, Memorial ha reso nota la decisione di non voler ottemperare agli obblighi previsti da una legge giudicata “contraria al diritto e amorale”, perché basata sul presupposto che il semplice fatto di usufruire di un sostegno dall’estero significasse essere al soldo degli interessi di potenze straniere, longa manus di nemici veri o presunti della Russia. Potenziali traditori, quindi. Nella misura in cui registrarsi implicava riconoscersi come “agenti stranieri”, Memorial ha rifiutato di farlo, perché si tratta di “una menzogna evidente”. Non solo. L’associazione ha insistito anche su un altro aspetto, non secondario in questa triste vicenda, sottolineando che “Memorial, in quanto organizzazione che lavora con la memoria storica,  ha il dovere di ricordare – e di far ricordare alla società – che in un passato non così lontano le campagne sul tema degli ‘agenti stranieri’ hanno fornito, e non una sola volta, la copertura propagandistica per il terrore di Stato e la persecuzione di chi la pensava diversamente. Basta ricordare il 1937-1938, quando a centinaia di migliaia di persone venivano estorte confessioni in cui ammettevano di essere ‘agenti stranieri’. E ricordare che, in tempi a noi più vicini, i critici del regime erano spesso bollati come ‘al soldo dell’Occidente’”.

Sorta nel 1987, ai primi cenni del nuovo disgelo portato da Gorbačev, Memorial ha portato avanti coraggiosamente la battaglia perché fosse fatta infine luce sulla dittatura staliniana e ne fossero onorate le vittime. Ha svolto – e svolge tuttora – un’opera pionieristica, di innegabile valore, per lo studio delle repressioni in Unione Sovietica e del sistema concentrazionario staliniano: è agli studiosi di Memorial che si devono fra l’altro i primi studi sul Gulag. Proprio all’inizio di marzo, in occasione del sessantesimo anniversario della morte del dittatore, è stata presentata una nuova edizione, aggiornata e ampliata, delle liste dei condannati durante il Terrore del 1937-1938 firmate personalmente da Stalin e dai suoi fedelissimi.  È su questa base che è iniziata la collaborazione con diverse università e fondazioni straniere, fra cui anche la nostra. L’impegno di Memorial nella ricerca è sempre stato accompagnato da un grande sforzo di divulgazione, perché lo stalinismo entrasse nelle coscienza della società russa e non potesse più ripetersi niente di simile: la memoria è sempre stata, per Memorial, una componente imprescindibile della costruzione della democrazia. Erede della tradizione del dissenso democratico – il primo presidente dell’associazione è stato Andrej Sacharov -, Memorial si è fin dall’inizio impegnata anche nella battaglia per la difesa dei diritti dell’uomo, il che l’ha portata, con la prima guerra cecena, a prendere le distanze dal Cremlino e a imboccare poi il cammino dell’opposizione. Per la sua ormai più che ventennale attività in tutti questi settori, Memorial è stata candidata quest’anno da un gruppo di parlamentari europei per il premio Nobel per la pace.

Responsabili e attivisti di Memorial sono persone di grande e indiscusso rigore morale, che non hanno mai approfittato a scopi personali dei finanziamenti ricevuti dall’estero. Con il pretesto delle “verifiche finanziarie” il Cremlino sembra quindi perseguire un solo scopo: mettere a tacere una delle più autorevoli voci di opposizione indipendente rimaste in Russia dopo la “normalizzazione” di Putin. Non possiamo che protestare davanti a queste pretestuose persecuzioni, che sono per giunta accompagnate da una squallida campagna denigratoria dal sapore di un triste déjà vu. La prima “visita” a sorpresa delle forze dell’ordine alla sede centrale dell’associazione a Mosca, il 21 marzo, è stata infatti accompagnata dall’irruzione di un’équipe televisiva di NTV, la principale macchina del fango nella Russia attuale, che ha subito mandato in onda un reportage da far accapponare la pelle, in cui si insinuava nei telespettatori il “sospetto” che Memorial riceva fondi dall’estero… Se si ricorda che,  la notte in cui entrò in vigore la famosa legge, sull’edificio che ospita l’associazione comparvero scritte “qui stanno gli agenti stranieri”, e che la denuncia fatta da Memorial non ha avuto alcun seguito, il quadro è completo.

Memorial Italia denuncia il clima di intimidazione e persecuzione delle ONG in Russia, esprimendo la sua solidarietà a tutte le altre associazioni colpite.

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“Mamma, probabilmente morirò presto”: adolescente russo in carcere per volantini anti-Putin riferisce di essere stato brutalmente picchiato da un compagno di cella.

Pubblichiamo la traduzione dell’articolo ‘Mom, I’m probably going to die soon’: Russian teenager in prison for anti-Putin flyers says cellmate brutally beat him della testata giornalistica indipendente russa Meduza. L’immagine è tratta dal canale Telegram dedicato al sostegno per Arsenij Turbin: Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!). In una recente lettera Arsenij Turbin, sedicenne russo condannato a scontare cinque anni in un carcere minorile con l’accusa di terrorismo, ha raccontato alla madre di avere subito abusi fisici e psicologici durante la detenzione. I sostenitori di Turbin, che hanno pubblicato un estratto della sua lettera su Telegram, sospettano che oltre ad aggredirlo, i compagni di cella gli stiano rubando il cibo. Ecco cosa sappiamo. Arsenij Turbin è stato condannato a cinque anni di carcere minorile nel giugno 2024, quando aveva ancora 15 anni. Secondo gli inquirenti governativi, nell’estate del 2023 Arsenij si era unito alla legione Libertà per la Russia, un’unità filoucraina composta da cittadini russi e, su loro preciso ordine aveva iniziato a distribuire volantini che criticavano Vladimir Putin. Turbin dichiara di non essersi mai unito alla legione e di avere distribuito i volantini di sua iniziativa. Il Centro per i diritti umani Memorial ha dichiarato Turbin prigioniero politico. Al momento Turbin si trova in detenzione preventiva in attesa dell’appello contro la sua condanna. Nell’estratto di una lettera inviata a sua madre pubblicato lunedì (1 ottobre) nel gruppo Telegram Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!), l’adolescente scrive che un compagno di cella di nome Azizbek lo ha picchiato più volte. “Questa sera, dopo le 18:00, uno dei miei compagni di cella mi ha dato due pugni in testa mentre ero a letto”, ha scritto. “La situazione è davvero difficile, brutta davvero. Azizbek mi ha colpito e poi ha detto che stanotte mi inc***. Sarà una lunga nottata. Ma resisterò.” Turbin scrive anche che in carcere lo hanno catalogato come “incline al terrorismo” per il reato che gli contestano (“partecipazione a organizzazione terroristica”). In un post su Telegram i sostenitori di Turbin hanno ipotizzato che i suoi compagni di cella gli stessero rubando il cibo: nelle sue lettere chiedeva sempre alla madre pacchi di viveri, mentre questa volta le ha scritto che non ne aveva bisogno. La madre di Turbin, Irina Turbina, martedì ha riferito a Mediazona che il figlio è stato messo in isolamento dal 23 al 30 settembre. Dalla direzione della prigione le hanno detto che era dovuto a una “lite” tra Turbin e i suoi compagni di cella e che tutti e quattro i prigionieri coinvolti erano stati puniti con l’isolamento. Irina Turbina ha anche detto che il personale del carcere non le ha permesso di parlare con Arsenij al telefono e che l’ultima volta che hanno parlato è stata a inizio settembre. La madre ha raccontato l’ultimo incontro con suo figlio al sito Ponjatno.Media: “Quando sono andata a trovarlo l’11 settembre non l’ho riconosciuto. Non era mai particolarmente allegro neanche le volte precedenti che l’ho visto, certo, ma almeno aveva ancora speranza, era ottimista: aspettava l’appello e credeva che qualcosa di buono l’avremmo ottenuto. L’11 settembre, invece, Arsenij aveva le lacrime agli occhi. Mi ha detto: ‘Mamma, ti prego, fai tutto il possibile, tirami fuori di qui. Sto davvero, davvero male qui’.” “Mamma, probabilmente morirò presto”, ha continuato a riferire la madre, citando il figlio. Ha poi detto di avere inoltrato la lettera a Eva Merkačeva, membro del Consiglio presidenziale russo per i diritti umani, chiedendole di intervenire. Secondo le informazioni di Mediazona, ad Arsenij è stato finalmente permesso di parlare con sua madre al telefono l’8 ottobre. Le avrebbe detto che il suo aggressore era stato trasferito in un’altra cella il giorno prima e che si trovava bene con gli altri compagni di cella. Aggiornamento del 20 ottobre dal canale Telegram Svobodu Arseniju!: “Questa settimana Arsenij non ha mai telefonato”. La madre riferisce di averlo sentito l’ultima volta l’8 ottobre scorso. 25 ottobre 2024

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