La Fondazione Memorial ha interposto appello contro il rifiuto di riabilitazione di cittadini polacchi

La Fondazione Memorial ha interposto appello contro il rifiuto di riabilitazione di cittadini polacchi

Il 22 novembre 2012 il tribunale della città di Mosca (aula 307) doveva esaminare l’appello interposto da Memorial International contro la decisione del tribunale di Khamovniki di non riabilitare un gruppo di cittadini polacchi assassinati nel luglio 1945 nei boschi di Avgustov (Polonia).
All’inizio di luglio 1945, secondo un piano elaborato dallo stato maggiore su ordine di Stalin, le truppe del terzo fronte bielorusso rastrellarono i boschi di Avgustov (distretto di Suwalki, voievodie di Belostok). Operazione che, tra il 12 e il 19 luglio 1945, comportò la detenzione di più di 7000 persone, in gran parte polacchi e lituani. La maggior parte venne rilasciata dopo un controllo. I lituani furono consegnati al NKGB della Repubblica socialista sovietica di Lituania. Quanto ai 592 cittadini polacchi che la Direzione del controspionaggio delle forze armate (SMERS) aveva assimilato ai combattenti dell’Esercito Interno, furono tutti arrestati, anche se soltanto 69 di loro furono presi con le armi in mano. Inoltre, secondo quanto precisato da fonti polacche, in questo gruppo si trovavano 27 donne e 15 minori (con meno di 18 anni). Fu avviato un processo e fu condotta un’indagine. Come risulta dai documenti conservati negli archivi della Sicurezza di Stato, le 592 persone furono assassinate segretamente e senza processo dalla SMERS del terzo fronte bielorusso (per ulteriori dettagli vedere http://www.urokiistorii.ru/history/soc/3214).
Il 14 febbraio 2012, Memorial International, agendo in conformità con gli obiettivi e i compiti fissati dal suo statuto, ha inoltrato alla Procura Militare Generale della Federazione Russa una domanda concernente un piccolo gruppo di 14 persone fra i polacchi arrestati. In tale domanda si chiedeva sia di verificare il fondamento della loro detenzione e di riabilitarli, sia di inviare il caso al tribunale insieme alle conclusioni sull’assenza di fondamenti per riabilitare in quanto vittime della repressione politica queste 14 persone scomparse per sempre dopo la loro detenzione nel giugno 1945 nei boschi di Avgustov. In risposta a questa domanda di Memorial International la Procura Militare Generale della Federazione Russa il 28 maggio 2012 ha opposto un rifiuto a questa riabilitazione con il motivo che «negli archivi della Sicurezza di Stato non si trovava traccia di un’azione penale riguardante i cittadini polacchi menzionati». Di conseguenza, non c’era alcuna ragione di riabilitarli. Ma, prima, la PMG aveva riconosciuto ufficialmente che, in occasione di quell’operazione nei boschi di Avgustov, «592 persone erano state arrestate ed erano state avviate azioni di giustizia e inchieste contro 575 di loro».
Memorial International ha quindi contestato il rifiuto della Procura con una querela indirizzata al tribunale di Khamovniki il 23 agosto 2012. L’esame del caso ha avuto luogo il 1 ottobre 2012 e la contestazione di Memorial è stata respinta. Il tribunale ha addotto che i dossier dei detenuti polacchi «non comportavano documenti attestanti che fosse stato intentato loro un processo» e che «la detenzione e il controllo subiti da cittadini non costituiva una prova sufficiente che azioni giudiziarie fossero state promosse contro uno di loro. Come indicato nella decisione del tribunale: «anche il fatto accertato della detenzione non prova una repressione politica sotto forma di limitazione dei diritti e libertà.»
Memorial International ha interposto appello contro la decisione del tribunale di Khamovniki presso il tribunale della città di Mosca ed è questo appello che doveva essere esaminato il 22 novembre 2012.

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

“Mamma, probabilmente morirò presto”: adolescente russo in carcere per volantini anti-Putin riferisce di essere stato brutalmente picchiato da un compagno di cella.

Pubblichiamo la traduzione dell’articolo ‘Mom, I’m probably going to die soon’: Russian teenager in prison for anti-Putin flyers says cellmate brutally beat him della testata giornalistica indipendente russa Meduza. L’immagine è tratta dal canale Telegram dedicato al sostegno per Arsenij Turbin: Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!). In una recente lettera Arsenij Turbin, sedicenne russo condannato a scontare cinque anni in un carcere minorile con l’accusa di terrorismo, ha raccontato alla madre di avere subito abusi fisici e psicologici durante la detenzione. I sostenitori di Turbin, che hanno pubblicato un estratto della sua lettera su Telegram, sospettano che oltre ad aggredirlo, i compagni di cella gli stiano rubando il cibo. Ecco cosa sappiamo. Arsenij Turbin è stato condannato a cinque anni di carcere minorile nel giugno 2024, quando aveva ancora 15 anni. Secondo gli inquirenti governativi, nell’estate del 2023 Arsenij si era unito alla legione Libertà per la Russia, un’unità filoucraina composta da cittadini russi e, su loro preciso ordine aveva iniziato a distribuire volantini che criticavano Vladimir Putin. Turbin dichiara di non essersi mai unito alla legione e di avere distribuito i volantini di sua iniziativa. Il Centro per i diritti umani Memorial ha dichiarato Turbin prigioniero politico. Al momento Turbin si trova in detenzione preventiva in attesa dell’appello contro la sua condanna. Nell’estratto di una lettera inviata a sua madre pubblicato lunedì (1 ottobre) nel gruppo Telegram Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!), l’adolescente scrive che un compagno di cella di nome Azizbek lo ha picchiato più volte. “Questa sera, dopo le 18:00, uno dei miei compagni di cella mi ha dato due pugni in testa mentre ero a letto”, ha scritto. “La situazione è davvero difficile, brutta davvero. Azizbek mi ha colpito e poi ha detto che stanotte mi inc***. Sarà una lunga nottata. Ma resisterò.” Turbin scrive anche che in carcere lo hanno catalogato come “incline al terrorismo” per il reato che gli contestano (“partecipazione a organizzazione terroristica”). In un post su Telegram i sostenitori di Turbin hanno ipotizzato che i suoi compagni di cella gli stessero rubando il cibo: nelle sue lettere chiedeva sempre alla madre pacchi di viveri, mentre questa volta le ha scritto che non ne aveva bisogno. La madre di Turbin, Irina Turbina, martedì ha riferito a Mediazona che il figlio è stato messo in isolamento dal 23 al 30 settembre. Dalla direzione della prigione le hanno detto che era dovuto a una “lite” tra Turbin e i suoi compagni di cella e che tutti e quattro i prigionieri coinvolti erano stati puniti con l’isolamento. Irina Turbina ha anche detto che il personale del carcere non le ha permesso di parlare con Arsenij al telefono e che l’ultima volta che hanno parlato è stata a inizio settembre. La madre ha raccontato l’ultimo incontro con suo figlio al sito Ponjatno.Media: “Quando sono andata a trovarlo l’11 settembre non l’ho riconosciuto. Non era mai particolarmente allegro neanche le volte precedenti che l’ho visto, certo, ma almeno aveva ancora speranza, era ottimista: aspettava l’appello e credeva che qualcosa di buono l’avremmo ottenuto. L’11 settembre, invece, Arsenij aveva le lacrime agli occhi. Mi ha detto: ‘Mamma, ti prego, fai tutto il possibile, tirami fuori di qui. Sto davvero, davvero male qui’.” “Mamma, probabilmente morirò presto”, ha continuato a riferire la madre, citando il figlio. Ha poi detto di avere inoltrato la lettera a Eva Merkačeva, membro del Consiglio presidenziale russo per i diritti umani, chiedendole di intervenire. Secondo le informazioni di Mediazona, ad Arsenij è stato finalmente permesso di parlare con sua madre al telefono l’8 ottobre. Le avrebbe detto che il suo aggressore era stato trasferito in un’altra cella il giorno prima e che si trovava bene con gli altri compagni di cella. Aggiornamento del 20 ottobre dal canale Telegram Svobodu Arseniju!: “Questa settimana Arsenij non ha mai telefonato”. La madre riferisce di averlo sentito l’ultima volta l’8 ottobre scorso. 25 ottobre 2024

Leggi