Ivan Cistjakov, Diario di un guardiano del Gulag

Con un saggio di Marcello Flores Postfazione di Irina Šcerbakova Milano, Bruno Mondadori, 2012


Ivan Cistjakov, Diario di un guardiano del Gulag (Bruno Mondadori, 2012)

Nell’estate del 1934 un uomo poco oltre i trent’anni viene arruolato nelle truppe destinate a presidiare il BAMlag, un lager in Siberia dove era compito dei detenuti costruire un tratto della ferrovia Bajkal-Amur. Nei due anni passati al Gulag come comandante di un plotone di sorveglianza, Ivan Cistjakov tiene un diario che, scampato alla distruzione e pubblicato oggi per la prima volta, è un documento storico di eccezionale rilevanza, anche perché unico nel proporre un punto di vista diverso da quello delle vittime. Tipico rappresentante della zona grigia, Cistjakov è un testimone umanissimo e ambiguo, stretto tra insofferenza e paura, pietà e autocommiserazione. Non è un eroe, ma prova simpatia per le miserie dei prigionieri, vede le perversioni del sistema e l’inutilità di molte sofferenze, si irrita per gli ordini insensati. Medita il suicidio, ma desiste; sogna di tornare alla vita modesta di un leale cittadino sovietico, ma non si ribella; subisce collera, tristezza e vergogna protetto solo dalle pagine di questo diario, che diventa il suo sfogo e il suo segreto. E che costituisce oggi l’unica memoria diretta del Gulag capace di restituire la voce di un responsabile (se pur marginale) del suo funzionamento. Con un saggio di Marcello Flores. Postfazione di Irina Scerbakova.

Recensione del libro di Stefano Garzonio su il manifesto del 13 dicembre 2012

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ci sentivamo liberi solo nei bagni pubblicidove per dieci rubli nessuno chiedeva cosa ci stessimo facendoeravamo contrari al caldo d’estate, contrari alla neve d’invernoquando venne fuori che eravamo la nostra linguae ci strapparono la lingua, cominciammo a parlare con gli occhie quando ci cavarono gli occhi cominciammo a parlare con le maniquando ci mozzarono le mani parlavamo con le dita dei piediquando ci crivellarono le gambe, facevamo un cenno con la testa per il “sì”e scuotevamo la testa per il “no”… e quando mangiarono vive le nostre testeci infilammo indietro nel grembo delle nostre madri dormienticome in un rifugio antiaereoper nascere un’altra volta. (dalla poesia Lingua bielorussa di Valzhyna Mort) Lunedì 10 febbraio alle 18:00 nella libreria dell’Università Cattolica di Brescia (via Trieste 17/D) si tiene la presentazione della raccolta di poesie Il mondo è finito e noi invece no. Antologia di poesia bielorussa del XXI secolo, curata da Alessandro Achilli, Giulia De Florio, Maya Halavanava, Massimo Maurizio, Dmitrij Strocev per le edizioni WriteUp. Intervengono Giulia De Florio, professoressa di lingua e traduzione russa all’università di Parma e presidente di Memorial Italia, e Maya Halavanava, lettrice di lingua russa nelle università di Padova e Milano, in dialogo con la poetessa Franca Grisoni. L’iniziativa è promossa dalla Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura, dall’ordine degli avvocati di Brescia e Memorial Italia con la collaborazione dell’Università Cattolica di Brescia.

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