Nuovi dati su Katyn

Key dates related to the Katyn massacre (Herald Tribune, by The Associated Press. Published: Monday, September 10, 2012)
WARSAW, Poland – September 1939: World War II begins with the German invasion of Poland from the west, quickly followed by the Soviet invasion from the east. The carving up of Poland results from a secret pact between Adolf Hitler’s Germany and Josef Stalin’s Soviet Union. The Soviets soon capture thousands of Polish officers and transport them to POW camps in Russia. They also deport hundreds of thousands of Polish civilians to Siberia.
– April-May 1940: Soviet secret police kill 22,000 Polish officers and other prisoners of war and dump their bodies in mass graves. The murders, carried out with shots to the back of the heads, take place in the Katyn forest in western Russia and other locations. At that time, letters from the officers to their families come to a sudden stop, bringing despair to relatives and creating an early Polish belief that the Soviets killed them. Questioned by Polish leaders on the fate of the officers, the Soviets begin decades of denying their guilt.
– 1941: Germany attacks Soviet Union, and in its eastward advance overruns the territory surrounding Katyn. The Soviets join the Allies in the war against Hitler.
– April 1943: Nazi Germany’s propaganda chief Joseph Goebbels announces the German discovery of mass graves at Katyn. Goebbels hopes public knowledge of the Soviet crime would sow distrust between the Soviet Union and the Western Allies and weaken their alliance.
– May 1943: As part of the Nazi propaganda effort, the Germans bring a group of American and British POWs to Katyn, as well as other groups, to see the remains of the Poles in the mass graves, in an advanced state of decomposition.
– May 1945: World War II ends. Upon being freed Lt. Col John H. Van Vliet gives his first report to Army intelligence on what he witnessed at Katyn, one that disappeared and still has never been found.
– 1951: The U.S. Congress sets up a committee to investigate the Katyn crimes after questions about the whereabouts of the missing Van Vliet report from 1945. Even ahead of the formal establishment of the committee, Van Vliet in 1950 makes a second written report on his impressions from Katyn.
– 1952: The Congressional committee concludes there is no question that the Soviets bear blame for the massacre. It faults Roosevelt’s administration for suppressing public knowledge of the truth. The report also says it suspects pro-Soviet sympathizers within government agencies buried knowledge about Katyn. It expresses anger at the disappearance of the first Van Vliet report and says: “This committee believes that had the Van Vliet report been made immediately available to the Dept. of State and to the American public, the course of our governmental policy toward Soviet Russia might have been more realistic with more fortunate post-war results.”
– 1990: The reformist Soviet leader Mikhail Gorbachev publicly admits that the Soviets bear guilt for Katyn.
– Sept. 10, 2012: The U.S.National Archives releases about 1,000 pages of newly declassified records related to the Katyn massacre. Among them are the newly declassified U.S. army documents proving that two American POWs wrote encoded messages to Army intelligence, MIS-X, soon after their 1943 visit to Katyn, pointing to Soviet guilt.

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Verona, 14 novembre 2024. Il caso Sandormoch.

Giovedì 14 novembre alle 16:00 nell’aula co-working del dipartimento di lingue e letterature straniere dell’università di Verona la nostra presidente Giulia De Florio terrà il seminario Riscrivere la storia, proteggere la memoria: il caso di Sandormoch. Giulia De Florio e Andrea Gullotta hanno curato per Stilo Editrice la traduzione italiana del volume Il caso Sandormoch: la Russia e la persecuzione della memoria di Irina Flige, presidente di Memorial San Pietroburgo. Del volume hanno voluto parlare Martina Napolitano, Stefano Savella, Francesco Brusa e Maria Castorani. Nell’immagine il monumento in pietra presente all’ingresso del cimitero di Sandormoch sul quale si legge l’esortazione “Uomini, non uccidetevi”. Foto di Irina Tumakova / Novaja Gazeta.

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La mia vita nel Gulag. Memorie da Vorkuta 1945-1956 di Anna Szyszko-Grzywacz con curatela di Luca Bernardini (Guerini e Associati, 2024). Una testimonianza al femminile sull’universo del Gulag e sugli orrori del totalitarismo sovietico. Arrestata nel 1945 a ventidue anni per la sua attività nell’AK (Armia Krajowa), l’organizzazione militare clandestina polacca, Anna Szyszko-Grzywacz viene internata nel lager di Vorkuta, nell’Estremo Nord della Siberia, dove trascorre undici anni. Nella ricostruzione dell’esperienza concentrazionaria, attraverso una descrizione vivida ed empatica delle dinamiche interpersonali tra le recluse e della drammatica quotidianità da loro vissuta, narra con semplicità e immediatezza la realtà estrema e disumanizzante del Gulag. Una realtà dove dominano brutalità e sopraffazione e dove la sopravvivenza per le donne, esposte di continuo alla minaccia della violenza maschile, è particolarmente difficile. Nell’orrore quotidiano raccontato da Anna Szyszko-Grzywacz trovano però spazio anche storie di amicizia e solidarietà femminile, istanti di spensieratezza ed emozioni condivise in una narrazione in cui alla paura e alla dolorosa consapevolezza della detenzione si alternano le aspettative e gli slanci di una giovane donna che non rinuncia a sperare, malgrado tutto, nel futuro. Anna Szyszko-Grzywacz nasce il 10 marzo 1923 nella parte orientale della Polonia, nella regione di Vilna (Vilnius). Entra nella resistenza nel settembre 1939 come staffetta di collegamento. Nel giugno 1941 subisce il primo arresto da parte dell’NKVD e viene rinchiusa nella prigione di Stara Wilejka. Nel luglio 1944 prende parte all’operazione “Burza” a Vilna come infermiera da campo. Dopo la presa di Vilna da parte dei sovietici i membri dell’AK, che rifiutano di arruolarsi nell’Armata Rossa, vengono arrestati e internati a Kaluga. Rilasciata, Anna Szyszko cambia identità, diventando Anna Norska, e si unisce a un’unità partigiana della foresta come tiratrice a cavallo in un gruppo di ricognizione. Arrestata dai servizi segreti sovietici nel febbraio 1945, viene reclusa dapprima a Vilna nel carcere di Łukiszki, e poi a Mosca alla Lubjanka e a Butyrka. In seguito alla condanna del tribunale militare a venti anni di lavori forzati, trascorre undici anni nei lager di Vorkuta. Fa ritorno in patria il 24 novembre 1956 e nel 1957 sposa Bernard Grzywacz, come lei membro della Resistenza polacca ed ex internato a Vorkuta, con cui aveva intrattenuto per anni all’interno del lager una corrispondenza clandestina. Muore a Varsavia il 2 agosto 2023, all’età di cento anni. Recensioni La mia vita nel Gulag in “Archivio storico”. La mia vita nel Gulag. Memorie da Vorkuta 1945-1956 di Anna Szyszko-Grzywacz di Paolo Rausa in “Italia-express”, 13 dicembre 2024. “Una donna nel Gulag”: Anna Szyszko-Grzywacz, la vittoria dei vinti di Elena Freda Piredda in “Il sussidiario.net”, 20 dicembre 2024.

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