Elena Čižova, Il tempo delle donne

traduzione di Denise Silvestri Milano, Mondadori, 2011,

Elena Čižova, Il tempo delle donne, traduzione di Denise Silvestri, Milano, Mondadori, 2011, pagg. 231, 19,50 €

Vincitore del prestigioso Russian Booker Prize nel 2009 e messo in scena, con grande successo, nella passata stagione, al teatro Sovremennik di Mosca, Il tempo delle donne è un romanzo polifonico tutto al femminile,  dove gli uomini appaiono solo sullo sfondo,  come presenze marginali o dolorosi fantasmi. L’azione si svolge a Leningrado agli inizi degli anni Sessanta quasi interamente nel chiuso di una kommunalka, dove Antonina, giovane ragazza madre, che ha abbandonato la campagna per trasferirsi in città in cerca di un lavoro, coabita con la figlioletta di tre anni, muta, e tre vecchie, Glikerija, Ariadna, Evdokija, che si prendono cura della piccola, mentre Antonina è in fabbrica, e a cui non è rimasto più nulla, se non l’angosciosa memoria del passato: “Non hanno più nessuno. Mariti e figli non ci sono più, sono morti tutti. E di nipoti neanche l’ombra. Vai pure a lavorare, mi hanno detto. Vuoi che non riusciamo a tirarla su in tre?”. La piccola che porta il nome da “miscredente” di Sjuzanna, e che in segreto viene battezzata Sof’ja dalle tre “nonne”, cresce in questo microcosmo domestico femminile ovattato e rassicurante, dove il tempo è scandito dai piccoli gesti quotidiani (il bucato, i pasti frugali preparati con grandi sacrifici da Antonina con il suo esiguo salario di operaia, i lavori a maglia e di cucito) e dai racconti delle “nonne” che si dipanano infiniti, come i fili dell’ordito delle loro maglie. Riaffiorano i ricordi di un passato doloroso e ancora vivo, fatto di lutti, privazioni, sacrifici, ma anche reminiscenze di  affascinanti leggende e credenze misteriose che la piccola Sof’ja ascolta avidamente e trasforma in fantasie oniriche e disegni. Il francese dei racconti della fine e gentile Ariadna s’intreccia con la lingua suggestiva e arcaica della campagna russa di Glikerija ed Evdokija. Dalle voci delle donne emerge una memoria mutilata, spezzata, fatta di allusioni, frasi sospese, retaggio di lunghi anni di silenzi e di paure, che apre squarci sul tragico vissuto della Russia nell’epoca zarista, nei giorni della Rivoluzione e dell’assedio e nel periodo staliniano. Le donne protagoniste del romanzo, costrette per necessità a convivere insieme, si confrontano, superando difficoltà e contrasti, per fronteggiare unite con dignità e coraggio la durezza del presente. Alla morte improvvisa della giovane e sfortunata Antonina, le tre nonne, Glikerija, Ariadna ed Evdokija, continueranno a occuparsi dell’educazione della piccola Sof’ja, sottraendola all’orfanotrofio e restandole vicine finché non sarà cresciuta.

Romanzo tragico e poetico, in parte autobiografico, e di risarcimento per coloro che hanno vissuto tempi tanto difficili; “scritto per i morti e per Dio”, come dichiara Elena Čižova in un’intervista, raccontando di essere cresciuta in una famiglia dove “la bisnonna e la mamma, bevendo il tè a colazione, anziché parlare del bucato da fare o della spesa, raccontavano della guerra e delle privazioni patite; racconti che erano il costante e doloroso Leitmotiv della mia infanzia. Ma se oggi sono riuscita a restituire attraverso la scrittura l’esperienza di quel dolore, la cosa non può che rendermi felice”.

Nadia Cicognini

(Sfogliando la Russia (20). Periodico di segnalazione delle novità editoriali russe
a cura di Daniela Barsocchi)

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28 dicembre 2024. Un bagliore di speranza per il 2025: l’attivista politica Zarifa Sautieva è libera!

Per concludere l’anno riceviamo una bellissima notizia che ci riempie di speranza. Il 28 dicembre l’attivista politica ed ex vice direttrice del complesso memoriale delle vittime delle repressioni Zarifa Sautieva è stata rilasciata dalla colonia penale femminile di Zelonokumsk. Zarifa era stata condannata ingiustamente a sette anni e sei mesi di colonia penale per il “caso Inguscezia”, ai sensi degli articoli sull’uso della forza nei confronti di rappresentanti delle autorità e partecipazione ad attività estremiste. Zarifa aveva partecipato il 27 marzo 2019 a Magas a una manifestazione di protesta contro la modifica del confine amministrativo tra Inguscezia e Cecenia. A settembre, la Corte europea dei diritti dell’Uomo ha accolto il ricorso di Satieva e degli avvocati di Memorial affermando che durante le indagini le forze dell’ordine avevano agito con violenza nei confronti di Zarifa. L’avvocato Magomed Bekov ha commentato così la sua liberazione: “È una grandissima gioia per il nostro popolo, un regalo per l’anno nuovo a tutta la comunità! Sono sicuro che una grande parte dell’Inguscezia attendeva questo giorno e noi continuiamo ad aspettare la liberazione degli altri nostri prigionieri politici. Zarifa si trova in ottime condizioni, almeno per quanto abbiamo potuto vedere. Era di buon umore, stava bene, scherzava e sorrideva”. L’ultima dichiarazione di Zarifa si può trovare nel nostro libro Proteggi le mie parole.   Memorial continua a lottare per tutte le persone ingiustamente detenute nelle carceri e nelle colonie penali russe.

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In ricordo di Eduard Kuznecov (1939-2024).

Il 22 dicembre 2024 è mancato Eduard Kuznecov, scrittore e giornalista dissidente. “Scrivo solo per conservare il mio volto. Il campo di concentramento è un ambiente orribile, umiliante, è la consapevole creazione di condizioni tali che l’uomo, ricacciato di continuo nell’angolo, comincia a dubitare dell’utilità di ubbidire alla propria verità e si convince che esiste solo la verità della biologia, l’adattamento”. Eduard Kuznecov nasce a Mosca nel 1939. Nel 1961 è arrestato per la prima volta e condannato a sette anni di reclusione per propaganda antisovietica. Nel 1970 è processato per avere tentato, insieme a un gruppo di ebrei russi dissidenti, di dirottare un aereo verso Israele e condannato alla pena di morte. Grazie alla pressione dell’opinione pubblica internazionale la pena è poi commutata in quindici anni di reclusione in un campo di lavoro a regime speciale in Mordovia. All’inizio degli anni Settanta i suoi diari, usciti clandestinamente dalla Russia, vengono pubblicati in Occidente. Nel 1979 è rilasciato ed emigra in Israele. Tra 1983 e 1990 collabora con Radio Liberty. Nel 1992 è tra i fondatori del quotidiano in lingua russa ‘Vesti’. Nelle pagine dei suoi diari, fatti uscire clandestinamente dal campo di lavoro e miracolosamente giunti nelle mani di Andrej Sacharov, Eduard Kuznecov descrive le degradanti condizioni di vita dei prigionieri e riflette lucidamente sui mali che minano il sistema giudiziario sovietico e i meccanismi di coercizione che regolano uno stato totalitario.

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