Havel e la Rivoluzione di velluto

Václav Havel, scomparso il 18 dicembre scorso, è ricordato come il primo presidente della Cecoslovacchia non comunista, artefice della caduta del Muro, l’uomo di Charta 77 e della rivoluzione di velluto. Fu qualcosa di più, e di diverso. Nato a Praga il 5 ottobre 1936 in ambiente intellettuale, cominciò a scrivere e comporre giovanissimo. La sua prima opera è del 1959 (Tutta la vita davanti), seguita da Metamorfosi, nel 1961. In breve si affermò come drammaturgo e poeta ed entrò a far parte dell’Unione degli Scrittori. Scioccato dall’esito della Primavera di Praga, definì la restaurazione portata dai carri armati come “il regime dell’oblio”. E quando Jan Palach, Jan Zajic e Ezven Plocek si diedero fuoco per protestare contro la passività del proprio popolo, Havel affermò che la società aveva compreso. Ognuno capiva la necessità di fare qualcosa di estremo: Palach e gli altri lo avevano fatto per tutti. Ci si rese conto allora, che quel socialismo illiberale e post-totalitario era davvero il socialismo, e che tutte le altre possibili alternative, pur in quello stesso ambito ideale, fossero definitivamente decadute.

Nell’aprile del 1975, dopo aver fondato le edizioni «Expedice», Havel scrisse una famosa lettera aperta all’allora capo del partito comunista, Gustáv Husák, nella quale parlava della crisi morale e spirituale che stava vivendo la società; denunciava l’auto alienazione, la dissimulazione e la fuga nel privato.

Secondo Havel, gli uomini della reazione avevano capito la minaccia che pendeva sopra l’esistenza del regime il quale, per conservarsi, doveva privarsi di ogni spinta rinnovatrice. Da quel momento, e per venti anni, fino alla rivoluzione di velluto del 1989, tutti i meccanismi della manipolazione, diretta e indiretta, della vita si svilupparono creando un sistema che Havel chiamò “totalitarismo maturo e avanzato”. La rivoluzione e il terrore lasciarono il posto all’immobilità, all’omologazione, all’anonima burocrazia stereotipata. Dalla caduta di Dubček fino alla rivoluzione di velluto si sarebbe formato all’interno della società cecoslovacca un dualismo che comprendeva la verità ufficiale e quella ufficiosa e condivisa, che escludeva la prima. Il grado di tolleranza del sistema si misurò nella forza dell’opinione informale di imporsi come generale. Il nascente dissenso e la nascita di Charta ‘77, cercarono di costringere il regime al rispetto delle sue stesse leggi. Dopo gli accordi di Helsinki, infatti, il partito comunista fu costretto a misurare l’uso della repressione contro gli oppositori.

      L’epoca grigia di rassegnata apatia, però, continuò: mentre piccoli centri focali di resistenza venivano scoperti e repressi, la comunità faceva finta di non. Il regime ottenne come risultato più visibile del suo operato la fuga della gente comune dalla realtà quotidiana, dai problemi sociali e dalla politica. Alcuni argomenti diventarono proibiti e la storia fu sostituita da una pseudostoria celebrativa. Havel ricorda i primi anni Settanta come l’epoca della sospensione della storia. Era come se il divenire avesse perso la sua cadenza naturale, la direzione e il mistero, per trasformarsi in automanifestazione e autocelebrazione unilaterale di un unico soggetto, centro di verità e di potere. Dato che il tempo umano può essere esperito solo attraverso gli avvenimenti, iniziò a scomparire l’esperienza stessa del tempo, che cominciò a girare in tondo. Gli accadimenti si alternavano attraverso un prima e un dopo assolutamente simili, tanto che diventava difficile distinguere un anno dall’altro, mentre una serie di celebrazioni scandivano  l’anno, dal Primo maggio alla Liberazione, dall’8 Marzo all’Insurrezione nazionale slovacca, dalla Festa dell’esercito al Febbraio vittorioso.

Assumendo la riflessione di Edmund Husserl sulla realtà del mondo immanente come il solo luogo in grado di misurare la morale, Havel tornò sul concetto della Lebenswelt come del mondo nel quale tutti viviamo, luogo che nutre la condizione di vivere nella verità. La parte secondaria di tutti i fenomeni e le entità distinte nel mondo che noi possiamo osservare, annunciare o esperire esistenzialmente in vari modi, è qualche cosa che possiamo definire come un «ordine generale dell’Essere». Tale Essere è compartecipe di tutte e in tutte le culture le quali, pur essendosi diversificate migliaia di anni fa, assumono ancora nel presente i medesimi archetipi di base, che non sono mai stati abiurati. La storia intera del cosmo, e specialmente della vita, è registrata quindi nel lavorio interno di tutti gli esseri umani e dopo migliaia di anni persone di epoche diverse e di culture lontane sono unite come parti dello stesso Essere; tutte le culture presumono l’esistenza di qualche cosa che Havel chiama «Memoria di Essere», nella quale viene continuamente registrato ogni aspetto della vita; le garanzie della libertà umana e della responsabilità personale si ritrovano non già nei programmi politici o nei sistemi di pensiero, bensì nella relazione tra l’uomo e il trascendente, di cui egli è parte integrante.

Partendo da queste riflessioni, Havel individuò nella Primavera di Praga l’ultimo atto, la proiezione esteriore di un dramma condotto nell’ambito dello spirito e della coscienza della società. La primavera di Praga come l’esito ultimo della società socialista, non come un suo risveglio, che sarebbe avvenuto solo venti anni dopo, con la fine del comunismo e la sua, involontaria ma necessaria, salita al Castello. 

Marco Clementi

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

Bologna, 2 febbraio 2025. “Disarmiamo la disinformazione”.

Memorial Italia aderisce alla manifestazione Disarmiamo la disinformazione che si svolgerà domenica 2 febbraio 2025 alle 15:00 in piazza VIII agosto a Bologna. Condividiamo il comunicato firmato dalla Rete Associazioni ucraine, promotrice della manifestazione. Disinformazione e democrazia: quando la manipolazione della libertà di parola minaccia la società e i valori democratici.  “Disarmiamo la disinformazione. La verità per la libertà.” Viviamo in un’epoca in cui la disinformazione non è più un fenomeno marginale, ma una strategia che minaccia le fondamenta delle società democratiche.  La libertà di parola, principio cardine di ogni Stato democratico, viene manipolata e trasformata in uno strumento che mina dall’interno i valori stessi che intende proteggere. La Federazione Russa sta destinando ingenti risorse al potenziamento delle sue attività di propaganda e disinformazione. Purtroppo stiamo già osservando i risultati di queste azioni anche in Italia, dove si registra un preoccupante aumento di eventi e iniziative riconducibili a tale fenomeno. In occasione della manifestazione del 2 febbraio 2025 che si terrà a Bologna, dalle ore 15:00 in piazza VIII Agosto, affronteremo una delle sfide più importanti per il futuro della pace e della democrazia in Europa: la lotta contro la disinformazione. Oggi ciò che scegliamo di credere e il modo in cui ci informiamo non solo determinano il destino delle nostre società, ma influenzano anche la possibilità di vivere in una comunità prospera e coesa. La propaganda, orchestrata dal governo della Federazione Russa, non si ferma ai confini nazionali: infiltrandosi nel dibattito pubblico italiano, sovverte i principi della libertà di espressione e i valori democratici su cui si basa la nostra società. La disinformazione è un attacco alla verità stessa e alla capacità di discernere consapevolmente la realtà dall’inganno, cambiando la nostra percezione: ciò che è giusto diventa confuso mentre ciò che è sbagliato viene normalizzato. Questa ambiguità paralizza la società e indebolisce le sue difese contro i pericoli reali. Oggi più che mai diventa fondamentale la capacità di informarsi e di cercare le fonti veritiere. Non possiamo più permettere che la propaganda soffochi il pensiero critico e ci privi della capacità di prendere decisioni giuste per il futuro nostro e dei nostri figli. La manifestazione sarà non solo un momento di riflessione, ma anche di azione. Vogliamo denunciare le strategie che mirano a distruggere la democrazia dall’interno e affermare il valore della verità e della responsabilità individuale, necessario per salvaguardare i principi forgiati in Europa per proteggere la pace dopo la Seconda guerra mondiale.  La disinformazione è una forza invisibile, ma potente. Unitevi a noi per disarmarla con l’informazione corretta e l’educazione al pensiero critico.

Leggi

Putin storico in capo

Putin storico in capo.A cura di Nicolas Werth con prefazione di Andrea Gullotta (Einaudi, 2023). Il 24 febbraio 2022 l’opinione mondiale ascolta con stupore il discorso di Vladimir Putin che giustifica l’invasione dell’Ucraina, con il pretesto di far cessare un “genocidio” compiuto da un regime che bisogna “denazificare”. Questa straordinaria falsificazione della storia si inscrive nell’orientamento della grande narrazione nazionale costruita nel corso degli ultimi vent’anni da Putin e di cui Memorial ha fatto le spese nel 2021. Questa narrazione, esaltando la grandeur di una “Russia eterna” di fronte a un Occidente aggressivo e decadente, non ammette nessuna contestazione per servire gli interessi geopolitici di un regime dittatoriale e risponde alle aspettative di una società disorientata in seguito al crollo del sistema sovietico. Nicolas Werth, storico e presidente di Memorial France, chiarisce le origini di tale distorsione dei fatti storici e il modo in cui è stata messa in opera per legittimare la prima guerra del XXI secolo sul continente europeo. La prefazione di Andrea Gullotta, vicepresidente di Memorial Italia, permette di aggiungere il punto di vista italiano dell’associazione creata a Mosca negli anni Ottanta.

Leggi