L’ombra sovietica sull’Italia di Togliatti e De Gasperi.
Rizzoli, Milano 2011, pag. 395; € 20,00.
Già il sottotitolo di questo libro è stimolante anche per i non specialisti di ricerche storiche, perché evidenzia il tentativo di scavare in questioni a tutt’oggi niente affatto chiare della storia italiana e del rapporto di quest’ultima con la Russia sovietica del suo periodo più controverso e drammatico, quello staliniano. Proprio per questo però il lettore si trova di fronte anche a un’opera ambiziosa, che pretende di smentire molte tesi e opere dei colleghi italiani sul ruolo attivo avuto da Stalin e dal PCI staliniano nella politica italiana, facendo credere di aver potuto consultare l’intero complesso degli archivi sovietici, che in realtà dopo una parziale apertura rimangono in gran parte ancora inaccessibili e per questo inesplorati.
In ogni caso, il volume può essere considerato un punto di riferimento obbligato, per la lettura inedita che offre, sul tema dell’influenza staliniana sugli avvenimenti post-8 settembre 1943 e per il suo tentativo di rispondere a molti quesiti: dal ruolo di Mosca nell’armistizio, a quello di Stalin nella Svolta di Salerno tramite Togliatti, al ruolo autonomo di Badoglio (che avrebbe cercato i sovietici e non viceversa) nel periodo successivo all’armistizio stesso. Che Stalin volesse un quadro politico coeso per l’Italia, in modo da portare a termine la guerra il più presto possibile con una vittoria decisiva e che avesse già previsto per il PCI un ruolo di “testa di ponte” totalmente non- rivoluzionaria in Italia, come ritiene Clementi, è molto probabile (e questo aggiunge però ulteriore umiliazione per quegli ingenui militanti che in entrambi vedevano i “salvatori”, che si servivano invece dell’ideologia rivoluzionaria proiettata in un futuro irraggiungibile in forma del tutto strumentale): di qui la rilettura che l’autore fa, di episodi chiave quali la drammatica storia dei prigionieri in Urss, i massacri delle foibe, la confusione del PCI sulla questione di Trieste e la mediazione sovietica con la Jugoslavia, l’esodo istriano e il disarmo dei partigiani: questione quest’ultima davvero cruciale. Molto meno convincente (in quanto non dedotta logicamente) è invece la conclusione che il PCI non sia stato indirettamente un problema pesante (a causa dell’ombra staliniana) per l’evoluzione del sistema politico italiano verso strutture meno arretrate e semplificate. Infatti, l’indiretta influenza sovietica si è rivelata estremamente cogente nella formazione stessa del sistema costituzionale ultra-centralizzato italiano e nella sua evoluzione successiva, caratterizzata da un’incoerenza di fondo, densa di debolezze strutturali, le cui conseguenze, in assenza di riforme da trent’anni, continuiamo a pagare ancora oggi. Alessandro Vitale
(Sfogliando la Russia (18). Periodico di segnalazione delle novità editoriali russe
a cura di Daniela Barsocchi)