Discorso finale di Oleg Orlov, Presidente del del Centro dei diritti umani Memorial a chiusura del processo “Kadyrov vs. Oleg Orlov”
Io non mi pento di aver pronunciato pubblicamente le parole per cui sono accusato, né di averle pubblicate in un comunicato stampa del Centro di difesa dei diritti umani Memorial, e neppure di aver contribuito alla diffusione di tale comunicato stampa.
Io non mi pento, perché le mie parole non costituiscono un crimine.
Questo è stato dimostrato in modo brillante dal mio avvocato G. Reznik, nella sua arringa chiara e convincente.
Dimostrando qui il mio diritto a dire queste parole, io difendo il diritto dei cittadini russi a esprimersi liberamente. Questo diritto ci viene garantito dalla Costituzione della Federazione Russa, dal Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, dalla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dell’ONU e da molti altri documenti.
Il fatto stesso che un’inchiesta sia stata aperta in seguito alle parole che ho pronunciato e che vogliono farmi condannare penalmente, rappresenta un attacco non dissimulato contro la libertà d’espressione. Tutto questo indica, ancora una volta, che la libertà d’espressione in Russia è minacciata. Nella Repubblica Cecena di oggi, in pubblico si possono esprimere soltanto opinioni che corrispondono integralmente a quelle di una persona: il presidente di questa repubblica. Nel resto della Russia, la repressione della libertà d’espressione non ha ancora raggiunto lo stesso livello. La decisione che la Corte prenderà nel caso presente avvicinerà il nostro paese al despotismo, oppure contribuirà alla protezione dei diritti umani fondamentali e alla difesa dell’immagine europea della Russia.
La seconda ragione per cui non mi pento, è che ho detto la verità.
Ciò è stato dimostrato in modo irrefutabile nel corso di questo lungo processo.
Tutto questo traspare dalle deposizioni dei testimoni – e non solo dei testimoni presentati dalla difesa, al contrario. Le deposizioni di parecchi testimoni convocati dalla parte avversa rendono ugualmente un quadro molto chiaro della situazione che prevale oggi in Cecenia.
Questo è stato provato nel corso del processo nelle mie stesse dichiarazioni.
Vostro Onore! Io non voglio dire che niente è cambiato nella repubblica cecena negli ultimi anni. La parte avversa cerca di far passare me e i miei colleghi come dei diffamatori accaniti della situazione nella repubblica cecena. Le cose non stanno così. Noi constatiamo con gioia che adesso la gente non muore più sotto i bombardamenti dell’aviazione e dell’artigleria. Gli abitanti della Cecenia hanno ricostruito le città e i villaggi distrutti. Noi abbiamo sottolineato questi fatti e abbiamo sottolineato in particolare il merito delle autorità della repubblica in questo campo. Ma questa tendenza non si è rafforzata.
I rapimenti sono ripresi, così come le punizioni collettive volte a intimidire la popolazione. E’ diventato estremamente pericoloso, quasi impossibile, esprimere apertamente un’opinione indipendente. Natacha Estemirova ha denunciato tutto questo, sia verbalmente sia nei suoi scritti. Praticamente, quello che è stato instaurato in Cecenia è un regime personale assolutista. L’atmosfera nella repubblica si è fatta irrespirabile.
Vostro Onore, sono diciassette anni che noi lavoriamo in Cecenia. Nemmeno nei peggiori momenti delle operazioni militari, quando i bombardamenti e la «pulizia» erano quotidiani, noi abbiamo potuto vedere negli occhi degli abitanti della Cecenia una paura come vediamo oggi.
La Corte si è vista consegnare una grande quantità di materiali e di testimonianze sui gravi crimini commessi da persone che agiscono in nome delle autorità della repubblica e sull’impunità che avvolge questi crimini. Sulle violazioni regolari della legge dappertutto nella repubblica. Sul clima di paura generalizzata che regna in Cecenia. Sulle pressioni che i funzionari della repubblica cecena esercitano sui difensori dei diritti umani, sugli insulti di cui li ricoprono, sulle minacce che lanciano a coloro che osano contraddirli in pubblico. E in concreto sugli insulti e le minacce di Kadyrov contro Natalija Estemirova. Infine, su ciò che significano tali minacce in Cecenia quando vengono da Kadyrov.
Tutti questi elementi, tutte queste testimonianze dimostrano che le mie parole non erano menzogne. Provano che le mie parole rispecchiano la verità. Di conseguenza, io non mi devo pentire.
Infine, esiste anche un’altra ragione per cui io non mi pento. Ed è la ragione principale.
Dire pubblicamente quello che avevo detto il 15 luglio 2009, io lo dovevo alla mia amica assassinata, a quella persona luminosa e ammirevole che era Natalija Estemirova.
Natalija Estemirova era, per sua natura, incapace di accettare l’arbitrio, l’ingiustizia e la crudeltà, chiunque ne fossero gli autori – che si trattasse delle forze federali, delle autorità della repubblica cecena, o degli insorti. E’ per questa ragione che tante persone si rivolgevano spontaneamente a lei, chiedevano il suo aiuto. Lei si è battuta per salvare vittime di rapimenti e di torture. Per i rifugiati che i funzionari cacciavano dai campi provvisori dove avevano trovato rifugio, buttandoli sulla strada. Per il diritto degli abitanti dei villaggi delle montagne a tornare a casa loro. Perché i genitori potessero almeno scoprire cos’era stato dei loro figli, strappati alle loro famiglie da uomini armati. Per la dignità delle donne cecene. E con tutto questo, lei trovava ancora la forza necessaria per occuparsi di questioni sociali: per esempio, aveva aiutato gli studenti ceceni a mantenere, con compagnie di trasporto monopolistiche, delle tariffe basse per gli autobus che permettevano loro di arrivare a Groznyj dalle campagne.
Natacha poteva definirsi a pieno diritto «protettrice del popolo». Essa ha sacrificato la sua vita per gli altri, difendendo i loro diritti, la loro libertà, la loro vita.
Io sono certo: Natalja Estemirova è una di quelle persone che sono l’orgoglio del popolo ceceno, l’orgoglio di tutta la Russia.
Io sono certo: prima di quanto si possa pensare, il viale che Natalija amava tanto a Groznyj e che oggi porta il nome di Putin, ritroverà il suo vero nome, viale della Vittoria. E non molto distante da lì, ci sarà una via Natalija Estemirova.
I suoi nemici erano quelli che ritengono che il fine giustifichi i mezzi, che la guerra permette di dissimulare tutti i crimini, che con la forza bruta si sistema tutto. Quelli che non danno alcun valore alla vita e alla dignità umana.
Non dire la verità sulla responsabilità che ha per la sua morte l’uomo che ha creato un sistema di potere personale quasi senza limiti, un sistema d’illegalità legalizzata, un sistema apertamente ostile a persone come Natatija Estemirova, non dire questa verità era impossibile. Sarebbe stato un atto di tradimento e di viltà. Ecco perché mi sono assunto la responsabilità di dire quello che doveva essere detto quel giorno.
Qui, davanti a questo tribunale, sostengo le parole che avevo pronunciato. Così facendo, rendo di nuovo omaggio alla memoria di quella persona luminosa che fu Natalija Estemirova.