Sulla nuova Commissione presso il Presidente della Federazione Russa

Dichiarazione dell'Associazione Memorial

La nuova Commissione presso la presidenza della Federazione Russa

Dichiarazione dell’Associazione “Memorial”

 

Mosca, 22 maggio 2009

Se cerchiamo di districare il groviglio dei complementi che formano il nome della neonata struttura (“Commissione per il contrasto ai tentativi di falsificazione della storia a danno degli interessi della Russia”), possiamo supporre che si tratti di quanto segue: vi sono forze che intraprendono tentativi di falsificare la storia; questi tentativi recano danno agli interessi della Russia; la Commissione è stata creata per contrastare detti tentativi. L’importanza statale di questa Commissione è sottolineata dalla sua composizione: ne fanno parte l’FSB, il Controspionaggio, il Consiglio di sicurezza, il Ministero degli Interni e quello della Giustizia, e perfino il capo di Stato maggiore dell’Esercito russo; suo presidente è stato nominato il capo dell’amministrazione presidenziale Sergej Naryškin. Mentre fra i 28 membri della commissione gli storici professionisti si possono contare sulle dita di una mano. E non a caso.

In generale qualsiasi falsificazione storica, qualunque storia nazionale tocchi e in qualunque direzione muova, reca danno a tutta l’umanità: ai cittadini della Francia e della Polonia, degli Stati Uniti e della Finlandia, della Russia e di qualsiasi altro paese. Il tentativo di distinguere fra tutte le altre  una particolare categoria di falsificazioni “che recano danno agli interessi della Russia” ci sembra a dir poco strano. Ma non si tratta solo di questo.

Effettivamente oggi non sono rari i tentativi di falsificare la storia patria. Continuano a riprodursi le falsificazioni staliniane sulla “quinta colonna” e sul “complotto militare fascista” del 1937. In tutto il paese si diffondono libri dove, a dispetto di fatti universalmente noti, si tenta di dimostrare l’estraneità dell’NKVD al “caso Katyn”, cioè alla fucilazione dei prigionieri di guerra polacchi nel 1940. Alcuni uomini politici russi, senza curarsi dei documenti pubblicati da tempo, minimizzano o, peggio ancora, giustificano il terrore di Stato dell’epoca staliniana. Simili tendenze si riscontrano oggi perfino nei manuali di storia per la scuola media.

Tali grossolane falsificazioni storiche recano danno alla Russia? Indubbiamente sì. Esse privano il popolo della Federazione Russa del suo passato eccezionale e tragico, minano le basi dell’identità nazionale, distruggono il legame fra le generazioni, cancellano i punti di riferimento morale della gioventù, suscitano attriti e conflitti nei rapporti con i popoli vicini, indeboliscono il prestigio della Russia all’estero.

Noi non crediamo che il problema della falsificazione della storia debba essere risolto attraverso dei divieti legislativi. Riteniamo che le falsificazioni vadano combattute, innanzitutto, nell’ambito di un dibattito scientifico aperto e libero (anche internazionale); e tutte le parti che partecipano alla discussione devono avere la possibilità di rendere noti all’opinione pubblica i loro argomenti. La società ha la facoltà e il diritto di discutere altrettanto liberamente e apertamente della comprensione e della valutazione dei fatti storici, sia noti, sia scoperti di recente, delle loro possibili interpretazioni. Lo Stato invece deve solo garantire la possibilità di tali discussioni togliendo in maniera rapida ed estesa il regime di segretezza ai fondi di materiali storici, facilitando l’accesso alla documentazione storica, finanziando archivi, ricerche e pubblicazioni storiche – e non deve in nessun caso intromettersi nel loro contenuto. Garantire il libero accesso alle fonti storiche, pubblicarle ampiamente: ecco il modo migliore per contrastare i falsificatori. E per questo non c’è alcun bisogno di creare nuove commissioni specifiche: è sufficiente attivare e rendere efficace il lavoro della Commissione che si occupa di declassificare gli archivi di Stato, a capo della quale sta, fra l’altro, lo stesso Sergej Naryškin. In particolare, per esempio, riconsiderare la decisione di segretare i risultati dell’esame del “caso Katyn” da parte della Procura Militare Centrale della Federazione Russa.

Ma non ci faremo illusioni: molto probabilmente la Commissione non contrasterà le falsificazioni dei fatti storici, bensì le opinioni, le valutazioni e le teorie; s’intende, solo quelle che sono in disaccordo con la politica del governo in materia di memoria nazionale. Proprio queste valutazioni e concezioni saranno accusate di “recare danno agli interessi della Russia” e saranno “contrastate” dallo Stato. E partendo dalla ricca esperienza accumulata dal nostro paese nella “lotta contro i falsificatori della storia” non è difficile immaginare in quale modo avverrà quest’azione di “contrasto”.

Se i nostri timori saranno confermati, dovremo riconoscere che tale commissione non è solo controproduttiva, ma anche anticostituzionale, poiché una simile opera di “contrasto” introduce nella pratica statale elementi di un’ideologia di Stato – e ciò è esplicitamente vietato dall’art. 13 della Costituzione della Federazione Russa.

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